Alcune considerazioni in tema di licenziamento per eccessiva morbilità (Trib. Napoli Sez. Lavoro, 14.9.2022)
E’ ritorsivo e discriminatorio il licenziamento intimato in ragione di un cagionevole stato di salute che ha determinato reiterate assenze dal luogo di lavoro
Il Tribunale di Napoli (Giudice Dott. Paolo Scognamiglio), con sentenza n. 7294 del 14.9.2022, si è pronunziato in una fattispecie afferente il licenziamento di un lavoratore che, negli anni, aveva totalizzato moltissime assenze dal lavoro per malattia – senza però superare il periodo di conservazione del posto previsto dal CCNL applicato – arrecando “gravi ed onerosi disagi …. con aggravi di costi oltre alle difficoltà oggettive nel garantire l’espletamento del servizio”.
Nella fattispecie, la Società – che opera nel settore della gestione dei rifiuti – aveva contestato al lavoratore che la constatata situazione di eccessiva morbilità (già oggetto di ripetute segnalazioni da parte dell’azienda) rendeva oggettivamente inutilizzabile la prestazione di lavoro e, comunque, era sicura espressione di una scarsa diligenza nell’espletamento dell’attività lavorativa, ritenuta evidente anche in ragione della circostanza che le assenze dal servizio si erano tutte verificate per brevi periodi, e sempre a ridosso di giornate di riposo, festività, permessi o periodi di ferie.
Dopo aver ritualmente contestato l’addebito, la Società, ritenute insoddisfacenti le giustificazioni tempestivamente presentate dal lavoratore, si determinava ad intimare a quest’ultimo il licenziamento per giusta causa, in ragione del fatto che, con la descritta condotta, lo stesso aveva posto in essere “una significativa fraudolenza ed elusione del principio di buona fede”.
Il Tribunale di Napoli ha rigettato la prospettazione della Società, assumendo che, in via di principio, l’eccessiva morbilità del lavoratore non può integrare, di per sé, gli estremi dello scarso rendimento, in quanto la malattia del lavoratore è soggetta alle regole di cui all’art. 2110 c.c., secondo il quale come noto, il lavoratore, in caso di evento morboso, ha diritto alla conservazione del posto per il periodo stabilito dalla contrattazione collettiva: tale disposizione, secondo il Tribunale, “sancisce un punto di equilibrio tra l’interesse del lavoratore alla conservazione del posto per un determinato periodo di tempo e quello del datore di lavoro di non doversi far carico per un tempo indefinito del contraccolpo che tali assenze cagionano all’organizzazione aziendale”.
Ciò precisato, il Giudice napoletano ha riconosciuto che le reiterate assenze del lavoratore possono, in astratto, costituire una grave violazione della diligente collaborazione (rectius, del generale dovere di fedeltà e di diligenza di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c.), ma la prova dell’inadempimento grava, necessariamente, sul datore di lavoro, che deve farsene carico e, quindi, ha l’onere di fornire ulteriori (e adeguati) elementi suscettibili di confermarlo: così, richiamando un principio già sancito dalla S.C. nella sentenza n. 12592/2016 del 17.6.2016.
In tale sentenza, il Giudice delle leggi aveva affermato che “in base alla valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso e agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, le assenze reiterate possono rappresentare una violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente”, escludendo però, nella fattispecie sottoposta al suo esame, che “detti elementi fossero stati compiutamente allegati (prima ancora che provati) in punto di fatto dalla società ricorrente”.
Tornando alla sentenza oggetto del presente intervento, si è ivi detto, nella parte motiva, che la Società datrice di lavoro, a sostegno della propria posizione, non ha allegato – e, tantomeno, provato – elementi tali da far ritenere “che la fruizione delle assenze per malattia a ridosso delle giornate di congedo accordato per ragioni diverse fosse frutto di preordinazione tesa a beneficiare di tempi più lunghi di assenza dal lavoro”. Infatti, il datore di lavoro si era limitato a dedurre che le giornate di malattia venivano sempre comunicate dal dipendente in immediata successione di un giorno festivo, o a ridosso di una giornata di riposo, facendo da ciò conseguire, sic et simpliciter, la natura <<fraudolenta>> della condotta del lavoratore.
Prospettazione, quest’ultima, che, secondo il Giudice napoletano, non può condividersi, poiché la prova del grave inadempimento (che può sorreggere l’irrogazione della sanzione espulsiva e che, come detto, incombe sul datore di lavoro) deve essere effettiva e non può presumersi, anche alla luce del fondamentale disposto di cui all’art. 2110 c.c..
In conclusione, il Tribunale di Napoli ha ritenuto che “il licenziamento intimato in ragione di un cagionevole stato di salute, che ha determinato reiterate assenze dal luogo di lavoro, va qualificato come discriminatorio e ritorsivo, in quanto consiste in un’ingiusta e arbitraria reazione datoriale al legittimo esercizio del diritto del lavoratore di assentarsi per malattia”.
La sentenza del Tribunale di Napoli potrebbe apparire, a prima vista, connotata da un certo favor per il lavoratore, la cui condotta – consistente in reiterate assenze per malattia effettuate sempre a ridosso di giorni festivi e/o di congedo, con l’evidente finalità di beneficiare di tempi più lunghi di assenza dal lavoro – non sembra conforme al generale dovere di diligenza.
Essa, tuttavia, afferma il condivisibile principio secondo il quale la prova dell’inadempimento del lavoratore grava rigorosamente sul datore di lavoro, il quale è tenuto ad allegare e dedurre fatti specifici dai quali si possa evincere l’effettivo intento fraudolento del lavoratore, suscettibile di integrare gli estremi della giusta causa di recesso.
Laddove vengano effettuate dal lavoratore sistematiche assenze per malattia collocate strategicamente ridosso di “ponti” e/o giorni festivi e di riposo, benché possa essere difficoltoso fornire “elementi tali da far ritenere che la fruizione delle assenze per malattia ….. fosse frutto di preordinazione tesa a beneficiare di tempi più lunghi di assenza dal lavoro” (per usare la stessa espressione utilizzata nella sentenza in commento), è pertanto necessario dedurre ulteriori fatti circostanziati e specifici che valgano a suffragare il comportamento inadempiente del lavoratore, siccome tenuto in violazione del disposto di cui all’art. 2104 c.c..
Genova, 23 gennaio 2023
Avv. Stefano Roveta